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'L'invenzione delle stelle' di Daniela Brignone

Nel 1609 Galileo Galilei, dirigendo il cannocchiale, da poco inventato, verso il cielo, scopre le prime comete e le prime galassie dandone notizia, l'anno successivo, nel Sidereus Nuncius, trattato sulle ""innumerevoli stelle non mai scorte prima d'ora"" e sulla corruttibilità dei corpi celesti aristotelici. La Luna apparve nitidamente con i suoi crateri, i suoi monti e le sue valli, del tutto simili a quelli terrestri.
Lo studio suggestivo attraverso le sue opere, la ricchezza e il fascino delle sue scoperte, punto di partenza per un'evoluzione della fisica e dell'astronomia, ci pongono davanti l'immensità dello spazio ad osservare il fluire della vita delle meteoriti e delle comete e la condizione di equilibrio dei corpi celesti, traducendo le energie dell'universo.
Attraverso le sue opere Galilei ci spiega la natura e le sue manifestazioni, la Luna e Venere con le loro fasi e l'influenza sui fenomeni della terra, come le maree, attraverso fasi di mistica contemplazione.
In un'atmosfera carica di tensione, ancorata al passato ma incerta sulle nuove sperimentazioni, Galilei vuole convincere delle sue teorie, della sua inventio delle stelle, usando il latino dei dotti e il volgare per il popolo che vorrebbe affascinare.
L'invenzione delle stelle accoglie le interpretazioni delle teorie galileiane e la loro evoluzione elaborate da Lino Minneci, Silvia Pisani e Pupino Samonà la cui grande abilità è stata quella di rimanere fedeli alla passione di una vita, l'interpretazione della materia cosmica, conseguendo l'obiettivo di rappresentare la contemporaneità all'interno di una tradizione in continuo mutamento, proponendosi di docere et delectare il pubblico.
Il cosmo come protagonista di eventi naturali, quindi, lo studio del grande scienziato del '600 all'interno di una celebrazione importante quale quella dell'osservazione dell'universo attraverso il cannocchiale è il pretesto per costruire un percorso scientifico nell'interpretazione artistica contemporanea.
Le opere dei tre artisti sintetizzano chiaramente la conoscenza del cosmo attraverso i secoli facendo partire la storia della fisica e dell'astronomia dai primordi dell'antica Grecia, cui fece riferimento Copernico che attinse alle teorie di Aristarco da Samo ed Eraclito da Ponto (IV sec. A.C.). Minneci ne dà un'interpretazione mitologica rappresentando Ercole che, nella sua undicesima fatica, si trova a sostenere il peso della volta celeste al posto di Atlante, mentre Silvia Pisani riprende dalla tradizione greca la teoria del kosmos (ordine) che all'interno di una visione eliocentrica vede il cosmo come un disegno perfetto. Concetto questo che si affianca a quello di entropia che, nel suo anelito all'ordine cosmico, distribuisce spazialmente tonalità ora chiare e ritmate in Pisani, ora scure e marginalmente sfocate in Samonà, tendenti ad una conseguente condizione di equilibrio spaziale e di organizzazione dell'energia.
Come nell'opera galileiana Dialogo sopra i massimi sistemi, ciascun artista sostiene la propria teoria, il proprio modo di vedere e sentire l'universo in una ricerca propria di volumi e di linee, producendo un proprio tragitto intellettuale attraverso le leggi di Archimede, che Galileo studiò ""con infinito stupore"", Keplero, Einstein, Hubble, le eclissi e l'entropia, il Big Bang e le onde gravitazionali.
Dedicatisi a studi ""la cui bellezza ed astrazione non sono contaminate da esigenze di ordine materiale"", come Plutarco definisce la ricerca scientifica di Archimede, essi modificano gli elementi primordiali, l'energia e le entità fenomeniche portandoli ad uno stato di forma e imprimendone la vita, lontani da una condizione di mimesis, conferendo loro un'accezione semantica mitica e trascendente.
Comune denominatore della produzione artistica è il cerchio, elemento presente nel grande libro della natura, ""scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola"". Forma compiuta e perfetta, il cerchio definisce astri, pianeti, costellazioni nonché il moto circolare dei corpi celesti secondo la teoria copernicana, dove non esiste né un inizio né una fine. Samonà attraverso la rappresentazione sferica degli elementi dell'universo visibile, in una dialettica di luci e ombre, ne afferma l'equilibrata e armoniosa presenza nello spazio, dandoci la percezione del dinamismo generale cosmico, resa pura sintesi di luce ed energia da Silvia Pisani. Essa trasforma uno spazio fisico in spazio emotivo dove immagini cosmiche vorticose si impadroniscono della tela in una costante presenza di tensione dinamica a rappresentare l'azione e il divenire. Appassionata di Fisica Quantistica e di discipline orientali, colloca il proprio senso di circolarità nello yin-yang, perfetta antitesi di bene e male, terra e cielo, chiaro e scuro che, alternativamente, nel divenire delle cose scandiscono il ritmo del mondo.
Anche Lino Minneci attinge all'eternità e universalità dell'immagine circolare, valorizzandone l'essenza mitica e simbolica attraverso la linea segnata dal tondino di ferro, elemento primordiale presente in natura, di cui ne sottolinea la potenza e la valenza simbolica mediante un movimento rotatorio in cui, in un'essenzialità formale, disegna la scienza e il pulsare dell'universo.
In tal modo Minneci afferma la sua opera come un'equilibrata e armoniosa presenza nello spazio, materia tangibile contro la precarietà della vita, di cui ne esalta i valori e l'importanza.
All'interno di forme dinamiche e vitali, costruisce un'ipotesi di lettura delle teorie della fisica e dell'astronomia che hanno contraddistinto il tortuoso sviluppo della rivoluzione scientifica. La sua è una competenza da scienziato, il cui substrato culturale è determinato dall'attività di una vita, quella di fisico nucleare, che gli permette di evocare scenari in cui collocare querelles storiche e contemporanee.
Da un elemento informe dà forma alla natura, generando trame architettoniche illusorie e volumi inconsistenti, creando una dialettica tra pieni e vuoti da cui fa emergere la ricchezza di elementi culturali che sostanziano il dettato artistico, dalla mitologia alla fisica, alla dinamica e alla storia.
Frutto di calcoli e profonda erudizione, Lino Minneci mette in rapporto le sue strutture con lo spazio atmosferico, in cui l'impianto compositivo e l'elaborazione scientifica e tecnica evidenziano la contrapposizione dinamica tra l'elemento spirituale e la pesantezza della materia. Un racconto senza fine che parte dalla narrazione di epoche remote e traccia le tappe fondamentali dell'evoluzione del mondo.
Il percorso si dipana attraverso i secoli, dalla nascita dell'universo e delle prime stelle dopo il big bang alla matematica pura di Archimede, dalle meteoriti alle comete studiate da Galileo, fino al fenomeno del magnetismo esercitato dalla Terra.
Silvia Pisani fa emergere un ambito espressivo di sensibile intensità cromatica e chiaroscurale, alternando ritmicamente luce e ombra.
La linea e il colore sono gli elementi caratterizzanti la sua pittura. La luce definisce lo spazio, rivela l'essenza del soggetto e costituisce l'intuizione all'origine della sua ricerca artistica.
Tra visioni a cannocchiale e comete luminose si liberano galassie e buchi neri, come magiche presenze notturne che esprimono sogni e visioni e richiamano in vita contenuti e forme dalle profondità dell'anima. Arte e natura nelle sue opere sono strettamente connessi con l'esperienza umana in cui si intrecciano stimoli e sollecitazioni che portano all'estensione dei limiti della conoscenza e del Sè. Le linee tracciano traiettorie proiettate al di fuori del reale, richiamando le dimensioni del tempo e del movimento cosmico sottolineato dalla presenza/assenza cromatica. Un'assenza cromatica concepita come una riduzione a una condizione primaria che aspira a raccontare l'infinito.
Pupino Samonà si accosta fin dal 1950 ai nuovi scenari della cosmologia, grazie anche alla vicinanza ed amicizia con il futurista Giacomo Balla di cui condivideva la passione per lo studio del movimento e del colore.
Moderno Galileo, l'artista evoca l'essenza di vita diffusa nello spazio e nel tempo attraverso un flusso inarrestabile di un discorso cosmico fatto di soggetti ripetuti e riformulati, di immagini che solo apparentemente hanno la stessa identità. L'arte si sposta verso la vita, dunque, imprimendo pathos ed energia all'esistenza, non una mera riproduzione fotografica di un fenomeno cosmico irripetibile ed inenarrabile, ma una personalizzazione di eventi cosmici vissuti che racchiudono passato e presente, natura e ragione.
Macchie puntiniformi, piccole immagini centrifughe si manifestano in lontananza su superfici atmosferiche cromaticamente omogenee, come latenti forze generatrici, recanti una forza intrinseca vitale.