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PRESENTAZIONE di Marilisa Di Giovanni

Nel presentare la mostra e i due artisti che espongono per la prima volta a Pavia, apparentemente lontani nel linguaggio espressivo, nelle tecniche, nell'impiego dei materiali e nelle forme, mi sembra opportuno spiegare quanto il loro intento e il loro “essere artisti” sia arrivato prima singolarmente e poi insieme ad una comunione di intenti e soprattutto di “sentire” che si è concretizzato nel 2009 nella stesura del Manifesto del Neo-Relazionismo in cui si intrecciano i concetti di trasformazione che trovano una ragione scientifica a cui si legano le relazioni, le metamorfosi, l'energia.

Silvia Pisani si esprime con materiali anzitutto tradizionali, con colori acrilici luminosi e intensi stesi con la spatola, che già di per se stessa imprime energia sui supporti altrettanto tradizionali, le tele.

Ha una formazione artistica che risale al Liceo, è poi passata per un breve periodo ad una attività di stilista e ha infine frequentato la New York University. Ha un ricco curriculum di mostre esponendo a Palermo, Milano, Rivoli, New York, Genova, Carrara, Brema e altre sedi prestigiose che non sto ad elencare.

Estremamente curiosa e profonda ricercatrice e indagatrice, la sua natura la porta ad interessarsi alla musica, al linguaggio del corpo e alle energie che questo emana e nel rapportarsi agli altri, studia teorie spirituali e filosofiche di altre culture e forme di medicine alternative. Il movimento, la musica, la ricerca, nata da una indagine profonda e sofferta su se stessa, di supportare e superare stati di disagio per raggiungere un benessere personale e in relazione agli altri attraverso qualsiasi espressione artistica liberatoria, è il suo impegno e la sua sperimentazione attuale.

Silvia Pisani presenta dieci tele che sono il frutto del suo ultimo lavoro: astrattismo e figurazione sono i due linguaggi con cui si esprime senza che uno prevalga sull'altro; estremamente sincera nell'indagare i suoi stati d'animo che ci comunica attraverso vortici di linee coinvolgenti e referenziali e colori sensualmente significanti: nelle sue tele si legge ora la fatica, la difficoltà del momento, ora il relativo (mai completo) acquietarsi dell'esuberanza di emotività che l'uso frequente espressionistico del colore rosso, ora corposo e raggrumato unito a sabbia, e a minuscole pietre (perchè la realtà non si perda e si inserisca nel dato bidimensionale della superficie) o steso con pennellate diluite che sprofondano all'interno della tela facendo riferimento ad una radice, creando un nesso, una relazione, un contatto con il mondo e con le sue infinite cellule e conducendo il fruitore a condividere il pensiero dell'artista. In altri momenti è il blu intenso, colore del cielo oltre l'atmosfera, dell'infinito, dell'assoluto.

Sono linee e colori impregnati di emotività che sollecitano chi si pone con semplicità davanti a queste tele ad entrare nello spazio dell'artista per mettere in gioco le percezioni personali: sono vortici che attraggono invitando a condividere le emozioni caricate della massima intensità:"

Emergono spesso simboli arcaici di culture antiche, ricordi e memorie ataviche che hanno costituito il nostro vissuto, che si rincorrono nell'universo personale dell'artista ora emergendo con prepotenza oppure rendendosi visibili a poco a poco dai vortici che si diradano, scritte in immagini dell'anima dell'artista evocative delle diverse declinazioni dell'arte come valore, come risorsa, come intuizione di te e dell'altro: si può parlare di dinamismo formale, gestuale cromatico e materico.

Altro simbolo ricorrente è un tondo, luna o materia ancora informe magmatica e raggrumata in rughe primordiali: è presente in “Uno sguardo fuori dal tempo” come origine o punto d'arrivo della personale meditazione o in “Visioni” in cui questi simboli sono condotti con un segno grafico dorato con valore alchemico come lo è il blu o ancora in ”Messaggi dal cuore” in cui tutta l'energia si sviluppa dalla pietra posta al centro: sono meditazioni sullo spazio inteso come universo, sul tempo, su esistenza, natura, materia.

A volte questi simboli si modificano in figure amebiche, in “Signs of life” che da sottili cerchi si dilatano in metamorfosi continua da una forma all'altra, frutto di una ricerca condotta con analisi razionale per uscire dal caos sempre controllato per ritrovare se stessa.

Vorrei fermarmi sulle due opere scelte dai due artisti, simbolo del loro manifesto, “Sentire” di Silvia Pisani che insieme all'altra opera “Identita'di Metamorfosi” mostra il corpo femminile come sede di una forte emozionalità che si espande quale matrice del tutto e la scultura di Luerti “Rebis” figura doppia vagamente antromorfa, maschio e femmina, che trova il suo luogo d'incontro nel cuore che sta in mezzo e che attraverso la luce genera l'energia dell'incontro"

Maurizio Luerti interessato fin da bambino ai materiali più diversi dai fili di rame agli oggetti per la costruzione, si laurea al Politecnico in ingegneria, e lavorando in uno studio di grafica il disegno, segno e progettazione, diventa il suo mezzo di espressione. Quando passa alla scultura lavora sempre sul segno realizzando opere in legno, cemento e resine, metallo con inserti di Plexiglas e sulla via aperta da Fontana rompendo la normale visione artistica, ponendo la materia al centro del suo linguaggio a cui dà ulteriore valore la luce che da sempre è ricerca fondamentale per gli artisti. Fontana vuole indagare lo spazio “oltre”, Luerti vuole arrivare ad uno spazio suo che abbraccia gli altri, che si trasforma entrando in contatto con lo spazio di chi si accosta alle sue opere. La luce è per Luerti mezzo per ottenere una relazione e raggiungere una forma di comunicazione con il fruitore: un “led” posto dietro le sue sculture: al contatto, a cui lo stesso artista invita, trasmettono un messaggio che è un legame che in tal modo risponde ad una esigenza di superare l'isolamento a cui spesso il suo lavoro lo condanna. Quell'energia che Silvia esprime nei vortici di colore, nella pittura “gestuale” in Luerti è colore che si accende al tocco di chi avvicina l'opera e ne sfiora la superficie; l'opera è l'anima dell'artista che la modula e quel tocco è il relazionarsi con il fruitore creando una sinergia indispensabile per l'artista: sguardo aperto, puro e non critico deve guidare chi si pone davanti all'opera per cogliere il messaggio di una nuova estetica in cui forme luminose attraversano lo spazio, aprendosi all'ambiente in un flusso “fenomenologico vitale, in un continuo slancio vitale e creativo” come ha scritto Crispolti per Lucio Fontana nome a cui si deve fare inevitabilmente un se pur lontano riferimento. La luce permette a forme così materialmente statiche di articolarsi dinamicamente.

I simboli dorati immediatamente legati ad una precisa origine culturale in Silvia, in Maurizio appaiono vagamente di origine precolombiana impressi anch'essi da un'ancestrale memoria ma trasformati, comunicazione dell'inconscio secondo la cosmologia induista e buddista a cui Luerti è legato e attivo all'interno di una comunità.

L'opera “Anamnesis” che occupa quasi per intero l'abside della antica chiesa, strutturalmente molto pesante, in ferro e resina, è divisa in due da una linea verticale che reca questi simboli che significatamente si illuminano trasmettendo un messaggio di relazione e trasformazione di una forma nell'altra, è empatia tra l'artista, l'ambiente in cui si posiziona e tutti coloro con cui viene in contatto. L'opera crea questa linea diretta e comunica con il fruitore anche in assenza fisica dell'artista. Noi percepiamo questa relazione, ne siamo consapevoli e da questa consapevolezza istintiva parte il processo di elaborazione dei dati che l'artista ci trasmette: se ci accosteremo come abbiamo detto con purezza faremo nostro lo stesso livello di conoscenza che egli ha raggiunto.

Marilisa Di Giovanni, Milano 28 febbraio 2013